Un bosco di antenne sul monte Penice

Ieri per fuggire al caldo assillante che c’era in città, ho preso l’automobile e mi sono messo in viaggio, per cercare un po’ di frescura tra il verde dei nostri magnifici monti. Imboccata la strada del Penice, il ricordo di quando ragazzo si partiva, in compagnia degli amici, per raggiungere la vetta, mi ha assalito e man mano salivo con l’auto, rifacevo mentalmente i vecchi sentieri che ci permettevano di accorciare la strada. U scürtarö da Squèra che ti faceva arrivare alla Valle, la strada di Santa Maria che ti portava vicino a e scalèt e da lì si puntava dritti, eñt u canaròn, al Santuario. Allora il Santuario era più misero, il campanile non esisteva e per avvisare l’inizio di una messa bastava una semplice campanella. I prati intorno erano tutti liberi e verdi ed erano la gioia di noi ragazzi: si gareggiava sfidandosi a lunghissime corse, oppure si allestiva un improvvisato campo per il gioco del pallone, insomma il Penice era nostro. Per la Festa di settembre i prati si riempivano di gruppi famigliari che con candide tovaglie preparavano il posto dove pranzare. Vi erano prati destinati per tradizione ai bobbiesi, altri per quelli di Varzi, altri per la vallata di Zavattarello, insomma tutto era calcolato da secoli e così si proseguiva in queste tradizioni che erano diventate regole rispettate da tutti.

Poi il benessere portò le automobili e le motociclette, molti prati vennero così occupati facendo saltare quell’ordine e quelle regole che erano state da sempre rispettate.

I tempi moderni avanzavano, cambiavano le mentalità, i modi di essere; le grandi compagnie si sfasciavano, non c’era più il tempo per ritrovarsi ed organizzare la gita, bastavano quattro o cinque persone, il numero giusto per salire in una macchina.

Con il benessere e l’avanzare della scienza incominciò ad apparire qualche antenna: la Rai aveva messo il suo ripetitore, ma la Chiesetta del Penice era lontana, era lassù tra le nuvole.

Poi all’improvviso un’altissiva antenna, vicina al Santuario, occupò il "posto" riservato ai bobbiesi e da quel momento scoppiò il finimondo. Antenne spuntarono da ogni parte, come funghi, e ra Madona dar Penaz ne fu ricoperta.

Per la precisione ho contato 4 antenne di radioamatori sul campanile, tre sopra il bar e due appena fuori il fabbricato dalla parte che guarda Bobbio; sempre sulla sinistra l’antenna di Telelibetà, una altissima dell’esercito, ed una su muratura per i telefonini cellulari. Accanto a quella di "Berlusconi" ve n’è un’altra che serve la casermetta dei carabinieri.

Ritornando verso il passo se ne incontrano altre undici che con le due della Rai e quella a loro vicina, ancora militare, raggiungono il bel numero di 31 antenne.

"La domanda mi nasce spontanea": qualcuno dei nostri amministratori interessati ha mai chiesto di conoscere l’intensità di queste "onde"?, e se si, perché non ci hanno rassicurato?.

E poi le "Belle Arti" che si interessano di tutti i sassi che vengono messi vicino a un monumento, non centrano?.

E i "Verdi" che, così si dice, riecono a bloccare la statale 45, per un progetto che deturberebbe la Valle, che dicono?.

La verità! Non sarà forse che ci si muove e si fa baccano solo per certi interessi appoggiati e voluti per scopi politici o finanziari di quacuno?.

Bobbio, 24 Giugno 2003
Gigi Pasquali
Antenne a guardia del santuario

Ovunque ci si giri antenne di ogni specie

Aclune antenne

Antenne a guardia del santuario

1 Response

  1. Massimo says:

    Hai ragione Gigi. Il fatto è che il Penice è un nodo strategico per le telecomunicazioni non solo del piacentino, ma di buona parte del nord italia.
    L’inquinamento elettromagnetico è fuori discussione, ma bisogna dire che in prossimità delle antenne non ci sono abitazioni (a parte pochissime residenze estive) quindi io direi che il rischio è più esiguo in confronto alla selva di antenne per i cellulari che abbiamo in città a pochi metri da noi.
    Ciao!

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