Il dialetto bobbiese
Il dialetto bobbiese appartiene ai dialetti dell’Italia settentrionale, conosciuti col nome di Gallo – Italici, a cui appartengono i gruppi ligure, lombardo, piemontese e emiliano- romagnolo.
Come tutti i dialetti italiani, il bobbiese deriva dallo sviluppo e dalla trasformazione del latino volgare che si arricchì nel tempo con l’apporto linguistico dei popoli che si sono avvicendati sul nostro territorio.
Il “ sermo vulgaris ” aveva già le sue radici sul sostrato celtico, la lingua parlata degli abitanti del luogo prima dell’arrivo dei Romani: questi erano Galli, una popolazione celtica proveniente dai territori dell’attuale Francia.
L’influenza celtica si nota soprattutto nella fonetica delle parole, il suono vocalico “ ö ” equivale al suono “ eu ” francese, la “ ü ” dialettale alla “ u” francese ed inoltre i diversi suoni nasali.
La parola latina “ durum ” si evolve in “ dür ”, “ ostium ” in “ üs ”, “ foliam ” in “ föia ”, “ hinc hodie” in “ incö ” ed altre ancora.
Meno importante fu invece l’influsso celtico sul lessico, ricordiamo alcuni vocaboli : brenta (recipiente di legno per il vino), mascarpòn (mascarpone), magiüstar ( fragole), brich ( dirupo), sgürè (strofinare), bgnòn (rigonfiamento), garòn (coscia).
Piacenza, abitata già al tempo delle popolazioni terramaricole, fu in seguito dominata da Liguri, Etruschi e Galli Boi, per passare successivamente ai Romani (dal 218 a.C.). La loro lingua ebbe il sopravvento e si impose su quella delle popolazioni locali.
Mentre le persone colte parlavano il latino, il popolo adottò il “ sermo vulgaris ”, che in seguito, per evoluzione graduale, dette origine ai vari dialetti locali.
Con la caduta dell’Impero Romano, l’Italia subì l’invasione di vari popoli. Verso il 450 d.C., i Goti, gli Unni, i Burgundi e diverse altre tribù barbariche, di origine germanica, scesero alla conquista della Lombardia e dei territori limitrofi; tra queste, quelle che ebbero più peso per la nostra storia furono i Longobardi. Era l’anno 572 d.C..
Ai Longobardi seguirono i Franchi, altra popolazione di origine germanica, che scesero in Italia al seguito di Carlo Magno, nel 774 d.C.. Tutte queste popolazioni non imposero però la propria lingua, come avevano fatto invece i Romani, ma si impossessarono di quella delle popolazioni locali, portandovi ovviamente nuove terminologie, come del resto avviene ancor oggi quando due gruppi etnici, con idioma diverso, si incontrano e sono costretti a vivere insieme.
PREMESSA
Il lavoro che abbiamo intrapreso parte dalla ricerca fatta dal Prof. Enrico Mandelli, con l’opera “Il Dialetto Bobbiese ” e sviluppa ed approfondisce il vocabolario quale strumento di futuri studi sulla nostra parlata.
Se altri dialetti hanno avuto la fortuna di possedere insigni letterati che con le loro opere e studi hanno fissato delle regole, il bobbiese non può fregiarsi di un tale patrimonio e i pochi scritti che ci sono pervenuti non ci permettono di capire come il nostro dialetto si sia evoluto nel tempo.
Bobbio, pur nel suo isolamento, ha modificato nei secoli il suo idioma e questo cambiamento si è accentuato sempre di più dopo gli anni ‘50 .
Dopo la fine della seconda guerra mondiale e l’avvento di una civiltà industrializzata, Bobbio, tagliata fuori dalle grandi vie di comunicazione, ha subito il più massiccio spopolamento. Intere generazioni di giovani sono state costrette a trasferirsi nelle grandi città alla ricerca di un posto di lavoro.
Gli artigiani, i negozianti, venivano man mano sostituiti da persone di campagna che, lasciati i loro villaggi, approdavano a Bobbio, portando anche la loro parlata. Il dialetto Bobbiese andava così, velocemente, a modificarsi subendo l’influsso dei nuovi arrivati.
Ormai pochi conoscono l’antica parlata dei nostri avi, i giovani parlano ormai l’italiano e gli anziani si adeguano, cancellando così anche le nostre antiche tradizioni, i nostri modi particolari di dire, i nostri costumi, la nostra storia.
Quest’opera è anche la consapevolezza che il nostro dialetto sia un dialetto di frontiera e come tale mostra molte incongruenze, pochissime regole grammaticali, ma ferreo, ad esempio, nell’uso degli articoli determinativi che prevede per ogni vocabolo un determinato articolo e solo quello. La difficoltà nasce di avere diversi articoli determinati, ad esempio l’art. « il » diventa, davanti al papà «u pupè», ma davanti al professore si manifesta come « ar prufesur », per l’articolo femminile avremo «a mama», ma « la » davanti alla “famiglia” diventa «ra familia». Nel nostro lavoro abbiamo evidenziato tutte le anomalie riscontrate affinché possano diventare, per le nuove generazioni, motivo di studio e invogliare i giovani a ritornare alla “scoperta” della lingua dei loro padri.
Stralcio dal "Vocabolario Bobbiese", elaborato dal sottoscritto, dall’amico Mario Zerbarini, da Anna Manfredi e con la supervisione del professor Enrico Mandelli, di alcuni proverbi e modi di dire che arricchiscono la nostra parlata e che indicano sempre l’intelligenza e la saggezza delle nostre popolazioni.