1936/03/09 – Il Fuoco di Sant’Ambrogio

Untitled document

Da "La Scure" del 9 Marzo 1936


La località di San Ambrogio

8 Marzo – Da pochi mesi la curiosità dei cittadini è rivolta alla sponda destra del Trebbia, in località S.Ambrogio – Valla, a 500 metri a valle del Ponte Vecchio. Sopra una zona di circa trenta metri quadrati si sprigiona un gas che, acceso manda una fiamma sparsa la quale, nelle notti illuni, dà l’impressione di un incendio. Un via vai di gente ha solcato un sentiero sui terreni di proprietà del signor Valla, sia accedendovi dalla strada dei Bagni di Piancasale, che salendovi dal greto del fiume. Perché non andare anche noi alla scoperta del fuoco di San Ambrogio! In questi primi magnifici pomeriggi di marzo, con sole caldo, su una strada-bigliardo, fa bene una passeggiata e bello guardare le ultime nevi del Penice che, sciogliendosi in fretta, vanno ad aumentare i corsi dei torrenti e del fiume, sentire i primi canti degli uccelli,, odorare i tenui profumi delle viole, sognare una ricca messe promessa dal verde e dagli incanti dei campi che si ridestano al lavoro e alla vita. – Desideriamo vedere anche noi il famoso fuoco – abbiamo detto al cortese genero del Valla sig. Natale Troglio e questi ci ha accompagnato sul posto ma [non] abbiamo scoperto niente, perché il Valla aveva «coperto» tutto. Cioè stanco di vedere calpestati i suoi campi e di vedersi derubato di prodotti campestri, ha colmato la buca con molta terra e spento le fiamme. Tuttavia abbiamo avuto una spiegazione… storica che ci ha persuaso non trattarsi di fenomeno nuovo, ma di una delle solite emanazioni di gas abituali in queste terre, ricche di sorgenti minerali. Il Valla coltiva da oltre 39 anni questo fondo ed ha sempre osservato l’appezzamento di terreno in parola, arido senza produzione: oppure, se qualche volta la vegetazione sembra esservi precoce si arresta prematuramente e muore. Molti dei lettori conoscono Bobbio, ed avranno osservato in tutta la zona che va dalla confluenza del Carlone col Trebbia, fino a Piancasale, sotto il massiccio di Barberino, sorgenti di acque minerali di varie specie, tutte più o meno, frammiste a gas. Le gallerie di scarico del bacino S. Salvatore aperte da S.Martino fino al Ponte Vecchio hanno deviate acque e gas, ma niente hanno distrutto. Alle acque solforose in proprietà Renati si osserva una prima fossarella emanante odore di gas. Il visitatore con un fiammifero accendeva quelle acque, cioè, e si capisce, quella bassa atmosfera gassosa. Lì vicino erompeva il getto caldo e abbondante delle acque solforose. A Caneto, nel prato sovrastante la fonte detta «Montecatini» per le sue virtù analoghe con quella toscana, si vedono spiazzi di terreno aridi, brulli, dove la vegetazione non attecchisce e muore. Anche qui siamo davanti a fenomeni identici a quelli di S.Martino – Valla. Bisogna poi tener presente che la campagna bobbiese è compresa fra le zone petrolifere, dove la presenza del gas è caratteristica ed indicativa del petrolio. Anche all’Erta (poco prima di Sant’Ambrogio Valla, sullo scoscendimento del Rio Foglino e sul terreno del terreno dei fratelli Pertusi) abbiamo una forte e precisa manifestazione di petrolio. L’Appennino poi, è ricco di cosiddette «fontane ardenti». Senza ricordare quelle che Stoppani descrive ai suoi semplici uditore: Porretta, Velleia, Burigazzo, ci riferiamo alla Fontana Ardente di Corniglio che avvampa inesauribile da secoli con lingue di fiamme di oltre cinque metri. Anche là presso ci sono indicazioni nette del petrolio, benché l’audacia di una impresa non abbia avuto coronata la sua opera da circa 20 anno fa. Oggi la nostra attenzione si ferma e si meraviglia ancora davanti a questi fenomeni di natura, ma niente c’è di nuovo: questi si ripetono da tempi immemorabili. Chi non sa che Plinio ricorda che nell’agro modenese «le fiamme uscivano dal suolo»?. Di che natura è il gas di Sant’Ambrogio? I gas che si sprigionano in queste località sono di varia natura: quella in discussione è qualificato «metano». Durante i lavori eseguiti in queste gallerie di scarico pel bacino idroelettrico di San Salvatore, si ebbero improvvise e mortali manifestazioni di vari gas che, accesi fatalmente dalle lampade dei minatori, avvolsero gli operai in terribili fiammate. La cronaca a suo tempo ha narrato i dolorosi episodi. Il bravo Valla ha spento il… fuoco, ma colla intenzione di riaccenderlo in suo vantaggio a tempo opportuno. Intende cioè, fare analizzare il gas, precisarne la quantità ed, eventualmente, condurlo con una tubazione di 160 metri a casa propria per sfruttare questa ricchezza del suo sottosuolo per illuminazione e riscaldamento. Concludiamo prafrasando le parole della piccola Camilla dello Stoppani:«Queste manifestazioni di gas sono proprie dell’Appennino e questi fenomeni si spiegano colla presenza delle «sorgenti naturali». La natura non muore: devia il corso delle sue forze, ma queste riappariranno sempre coronate da meraviglia. Dalle finestre della galleria di scarico, più volte ricordato, a flotti irruenti, prorompono le acque salate, le solforose che momentaneamente sono state deviate dai loro tramiti secolari e, disciplinate ridaranno a Bobbio nuovo splendore e nuove ricchezze.


Berzieri

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *